Ma è proprio vero, come
dice la mia amica Marina (e non solo lei) che tutte le storie d’amore sono
destinate a finire? A sfilacciarsi, a deprimersi, a svanire a poco a poco
perdendo via via interesse e attrattiva nell’altro?
Insomma, queste non sono
certo domande da poco.
Avete presente quella
tristezza che prende certuni allorquando scoprono che qualche inossidabile
coppia vip si è separata? Ecco, a me è successo. Quel mix di senso di
incredulità e soprattutto di grande dilusione. “Ma come, lorooooo??”
L’ho avvertito acutamente
quando è accaduto a una coppia soscial (veramente moooolto di nicchia eh) di
mia virtuale conoscenza. Hanno smesso di pubblicare foto insieme, di
festeggiare con la consueta tenerezza e discrezione i propri anniversari di
matrimonio, di fare riferimento all’altro. Lei ha preso i gatti e ha cambiato
casa, città, nazione.
E
dire che la loro vita sembrava procedere così a gonfie vele! Un lavoro
condiviso, molta creatività, bei viaggioni per il mondo. Lei aveva un blog in
cui lui la ritraeva in mise vintage deliziose, a spasso per la loro città: ogni
foto un atto d’amore sembrava. Foto bellissime, in cui lei pareva una dea
tirata fuori dall’occhio di lui. In fondo fotografare è amare. Il soggetto lo
si ama sempre. Richiede impegno: strizzare un occhio, aggrottare la fronte,
infilare lo sguardo in un mirino minuscolissimo, decidere un’inquadratura, piegare
le gambe, abbassarsi col culo de fora, contrarre gli addominali mollicci in uno
sforzo mitologico, sollevare ben seicento grammi di reflex… ah beh certo,
esistono anche i cellulari per fotografare, ma non siate troppo paraculi sù.
Però
è così, si fotografa qualcuno quando lo si ama, e quando si ama qualcuno –
azzardo il teorema – lo si fotografa: quale mamma o papà degni di questo nome non
fotograferebbero il proprio piccino del resto?
Insomma
diffidate di chi non vi fotografa mai, di chi non prende iniziativa in questo
senso, di chi vi nega e si nega la creazione di un ricordo di quel vostro “qui
ed ora”, il ricordo dei vostri vent’anni, o dei vostri trenta, o quaranta e
così via… La vanità non centra nulla. Quella lasciate scorra a fiumi nei selfie
sui social. Sono un’altra cosa. Vanitas vanitatum. Qui si parla di tutt’altro.
A
me già solo per questo i due di cui sopra parevano una coppia splendida. Eppure
è successo quello che è successo. Stalinianamente vi è stata un’epurazione
delle foto a due. Il blocco di foto in seppia del matrimonio scomparso. Il blog
è morto. Lei non la fotografa più nessuno. Solo due selfie tristi ogni tanto.
Lui
non è più l’artefice della bellezza di lei.
Milano,
vuoi forse dirmi che tra noi è andata proprio così? Che la nostra storia è
finita, ha iniziato a disgregarsi sino a rovinare del tutto quando ho smesso di
fotografarti?
Quando
ho smesso di guardarti con gli occhi del fotografo, che sono occhi di
innamorato, e mi sei parsa un banale contorno della mia vita?
È
così che finiscono le storie?
Quando
non si fotografa più, quando non si riesce a gettare l’altro nella sua migliore
luce? Quando non ci impegna più a cercare la bellezza? È così che è andata tra
di noi?
Ho smesso di essere tuo
fotografo e dunque anche tuo innamorato. Non un fenomeno causa effetto, ma un
processo simultaneo.
Eppure oggi sei piena di
visitatori. Turisti. Stranieri. Sfilano per piazza Duomo già dal mattino presto
e col mio sguardo grigio mi chiedo cosa vengano a farci e perché si agitino
tanto.
Allora – penso – la tua
bellezza esiste ancora. Perché non la vedo?
Troverò Milano, i fili per
riannodare questo amore?
“La mia città era grigia e
puzzolente, era fatta di asfalto e quando andava bene di mattone. Ora vedo la
stupefatta reazione di chi ci arriva senza conoscerla. Comprendo la meraviglia.
Appare come un luogo fatto apposta per sorprendere l’occhio insieme al passo del
passeggio: e se solo fosse placata la sua ira ristrutturatrice, avrebbe in
serbo per tutti una varietà di luoghi per il bel vivere che altre realtà si
sognano. Già così la sua offerta è superba. La mia città era triste, era
faticosa e pesante.”
Ma non è forse la nostra
vita che è diventata così, triste, faticosa e pesante, fino a farci considerare
tale il luogo in cui quella vita stessa, la nostra, si svolge?
Le parole più in alto sono
sgraffignate da un libro bellissimo, Torino fatta ad arte, con disegni di
Giacomo Soffiantino e testi di Dario Voltolini, entrambi torinesi.
Forse è così. Dovremmo sempre
avere l’occhio del turista con la macchina fotografica (o il cellulare, ve lo
passo) in mano. L’occhio e il cuore del turista.
Ce li avevo una volta, per
Milano.
Poi li ho persi.
Ma sarà vero come dice la
mia amica Marina, che tutte le storie d’amore finiscono?
Io però voglio riprovarci.
Milano, ricominciamo.