martedì 29 dicembre 2015

RdP – Natale a Milano

Carissimi, pazientissimi aficionados, o voi che riuscite a tollerare lunghe attese tra un post e l’altro, voi che – già lo scrissi – affollate il server che ospita il mio umile bloggo facendolo sovente crashare per l’inteso traffico che quivi provocate, voi! Voi insomma, sì, proprio voi (due): ciò attendevate da settimane è finalmente giunto! Come dite, parlate del tanto atteso post sull’Expo? Mannò miei cari, che illusi, quello arriverà forse a primavera dell’anno venturo inoltrata, quando dell’Expo non gliene fregherà più una fava ad alcuno, come praticamente già dal primo di novembre di quest’anno, quando il circobaraccone ha (finalmente) chiuso i battenti. Ma arriverà anche quel post non disperate: ché dobbiamo forse farne una questione di tempo? Ma andiamo! Vi ricordo che il titolo del bloggo che visitate cercandovi con grande affanno nuove notizie è rubacchiato da una canzone degli Afterhours dedicata a Milano, dal titolo ‘L’inutilità della puntualità’... Vi ho convinti adesso?

Sicchè se vi ho adunato qui al calar dell’anno, questo 2015 che volge a chiudersi per sempre, è proprio per parlare, come d’altra parte il titolo del post vi avrà suggerito – del Natale a Milano, con appunto il già sopracitato tempismo eheheh.
Questa volta il piccione Ambrogio nel suo volo per le strade meneghine ha catturato le immagini d’una città dicembrina che nelle sue luminarie, nelle sue luci gialle, nel suo lungo e sottile (un tantino sproporzionatello, non credete?) albero di Natale allestito in piazza Duomo e nel suo sfavillante Ottagono di violablu vestito, sa forse più di tanti altri luoghi incarnare la piena e imprevista magia di questa festa tanto attesa.

Natale a Milano, per me, per me che il Natale lo passo sempre da un’altra parte e non nella mia bella città, significa aspettarla questa festa, prepararla: fare le maratone per acquistare gli ultimi (ma diciamo anche i primi) regali, scegliere la stella di Natale più bellina e regalarla alla mia portinaia per il suo servizio pressocché quotidiano di ritiro pacchi (gli acquisti online hanno generato in me una vera addiction, nonostante non c’abbi una lira), brindare e farsi gli auguri per le feste con la mia amica e collega Marina, nella piadineria che amiamo tanto. Passeggiare al freddo con un paio di dita congelate con la persona del mio coeur, parcheggiare, dopo millemila giri e quando ti sembra d'aver trovato un posto accorgersi che c'è sempre la solita smart di minchia spinta bene in avanti (non sai dove te la spingerei per bene io, guidatore di Smart che ti diletti col tuo mezzo cervello a far questi giochetti con la tua mezza macchina), l’auto al Portello e ascoltare in radio le canzoni di Natale filodiffuse per tutto il parcheggio, comprare pan de toni, girare in auto alla sera per scovare i balconi addobbati con le luminarie, i balconi di questi milanesi vivaddio sempre meno milanesi che si impegnano ad addobbare la propria città: non la propria casa, ma l’esterno dei loro appartamenti popolari, in periferia, per condividere una decorazione collettiva, un’atmosfera di festa diffusa, partecipata. Questo significa aspettare il Natale qui.

E poi c’è il centro: sfavillante, appunto. Questa piazza così piena, lascia un vuoto che fa pena, come cantavano i La Crus nella loro meravigliosa ‘Natale a Milano’. Inno alla pubblicità, stuprare il cuore alle città, renderle solo vanità, mi fa confondere. Ma se è vero che Milano non è la verità, non è a questo che dobbiamo guardare. Non ai merdoni che fanno shopping alla Rinascente, non ai manifesti dubbi tappezzati in giro (ne ho visto uno sui marò… pietà vi prego numididdio!), non all’albero Swarovski coi piantoni in Galleria. Librare lo sguardo. Guardare in alto. Il Duomo con le vetrate accese, qualcosa da rimanere a bocca aperta. L’alberino issato in piazza Duomo (un tantino smilzo e sfighello, posso dirlo? ah l’avevo già detto?) e poi l’Ottagono, magico, con il suo stuolo di lucine tremolanti fantastiche, viola e blu, risaltanti tra i palazzi crema della Galleria, rinnovati e tornati a splendere grazie a un recente, accorto restauro. Talmente belle queste lucine che quasi ti è possibile nello sguardo espungere otticamente il simbolo del comune che vi troneggia in mezzo, una vera tristeria, ma siamo buoni e lo prendiamo come un perfetto, equilibrato e mirabile saggio estetico sul kitsch contemporaneo più spinto.

Il tutto: il tutto mentre i tram sferragliano, l’aria è ferma e incupita dallo smog e dalla nebbiolina, e il freddo è ai massimi livelli. Un’atmosfera soffusa, lattea quasi, puntellata qua e là dai punti luce dei lampioni. E se è vero che le lampade al sodio sembrano stelle con cui non puoi orientare il cuore, è in questa magica stagione (ammetto bamboccescamente di essere assai Christmas oriented), in questa magica, superlativa atmosfera natalizia di cui si ammanta la mia città, la cui luminaria più dorata e accesa resta sempre la Madonnina, che io la mia stella cometa la vedo, eccome: e nonostante tutto conduce e orienta il mio cuore sempre qui, sempre a Milano, la mia bellissima,  clamorosamente imperfetta e vera città.