Carissimi, pazientissimi aficionados, o voi che riuscite a
tollerare lunghe attese tra un post e l’altro, voi che – già lo scrissi –
affollate il server che ospita il mio umile bloggo facendolo sovente crashare
per l’inteso traffico che quivi provocate, voi! Voi insomma, sì, proprio voi (due): ciò attendevate da settimane è finalmente giunto! Come dite, parlate del
tanto atteso post sull’Expo? Mannò miei cari, che
illusi, quello arriverà forse a primavera dell’anno venturo inoltrata,
quando dell’Expo non gliene fregherà più una fava ad alcuno, come praticamente
già dal primo di novembre di quest’anno, quando il circobaraccone ha
(finalmente) chiuso i battenti. Ma arriverà anche quel post non disperate: ché
dobbiamo forse farne una questione di tempo? Ma andiamo! Vi ricordo che il
titolo del bloggo che visitate cercandovi con grande affanno nuove notizie è
rubacchiato da una canzone degli Afterhours dedicata a Milano, dal titolo
‘L’inutilità della puntualità’... Vi ho convinti adesso?
Sicchè se vi ho adunato qui al calar dell’anno, questo 2015 che
volge a chiudersi per sempre, è proprio per parlare, come d’altra parte il
titolo del post vi avrà suggerito – del Natale a Milano, con appunto il già
sopracitato tempismo eheheh.
Questa volta il piccione Ambrogio nel suo volo per le strade
meneghine ha catturato le immagini d’una città dicembrina che nelle sue
luminarie, nelle sue luci gialle, nel suo lungo e sottile (un tantino
sproporzionatello, non credete?) albero di Natale allestito in piazza Duomo e
nel suo sfavillante Ottagono di violablu vestito, sa forse più di tanti altri
luoghi incarnare la piena e imprevista magia di questa festa tanto attesa.
Natale a Milano, per me, per me che il Natale lo passo sempre da
un’altra parte e non nella mia bella città, significa aspettarla questa festa,
prepararla: fare le maratone per acquistare gli ultimi (ma diciamo anche i
primi) regali, scegliere la stella di Natale più bellina e regalarla alla mia
portinaia per il suo servizio pressocché quotidiano di ritiro pacchi (gli
acquisti online hanno generato in me una vera addiction, nonostante non c’abbi
una lira), brindare e farsi gli auguri per le feste con la mia amica e collega
Marina, nella piadineria che amiamo tanto. Passeggiare al freddo con un paio di
dita congelate con la persona del mio coeur, parcheggiare, dopo millemila giri
e quando ti sembra d'aver trovato un posto accorgersi che c'è sempre la solita
smart di minchia spinta bene in avanti (non sai dove te la spingerei
per bene io, guidatore di Smart che ti diletti col tuo mezzo cervello a far
questi giochetti con la tua mezza macchina), l’auto al Portello e ascoltare in
radio le canzoni di Natale filodiffuse per tutto il parcheggio, comprare pan de
toni, girare in auto alla sera per scovare i balconi addobbati con le
luminarie, i balconi di questi milanesi vivaddio sempre meno milanesi che si
impegnano ad addobbare la propria città: non la propria casa, ma l’esterno dei
loro appartamenti popolari, in periferia, per condividere una decorazione
collettiva, un’atmosfera di festa diffusa, partecipata. Questo significa
aspettare il Natale qui.
E poi c’è il centro: sfavillante, appunto. Questa piazza così piena, lascia
un vuoto che fa pena, come cantavano i La Crus nella loro meravigliosa ‘Natale
a Milano’. Inno alla pubblicità, stuprare
il cuore alle città, renderle solo vanità, mi fa confondere. Ma se è vero
che Milano non è la verità, non è a questo che dobbiamo guardare. Non ai
merdoni che fanno shopping alla Rinascente, non ai manifesti dubbi tappezzati
in giro (ne ho visto uno sui marò… pietà vi prego numididdio!), non all’albero Swarovski coi piantoni in Galleria. Librare lo sguardo. Guardare in alto. Il Duomo con le
vetrate accese, qualcosa da rimanere a bocca aperta. L’alberino issato in
piazza Duomo (un tantino smilzo e sfighello, posso dirlo? ah l’avevo già
detto?) e poi l’Ottagono, magico, con il suo stuolo di lucine tremolanti
fantastiche, viola e blu, risaltanti tra i palazzi crema della Galleria,
rinnovati e tornati a splendere grazie a un recente, accorto restauro. Talmente
belle queste lucine che quasi ti è possibile nello sguardo espungere
otticamente il simbolo del comune che vi troneggia in mezzo, una vera
tristeria, ma siamo buoni e lo prendiamo come un perfetto, equilibrato e
mirabile saggio estetico sul kitsch contemporaneo più spinto.
Il tutto: il tutto mentre i tram
sferragliano, l’aria è ferma e incupita dallo smog e dalla nebbiolina, e il
freddo è ai massimi livelli. Un’atmosfera soffusa, lattea quasi, puntellata qua
e là dai punti luce dei lampioni. E se è vero che le lampade al sodio sembrano
stelle con cui non puoi orientare il cuore, è in questa magica stagione
(ammetto bamboccescamente di essere assai Christmas oriented), in questa
magica, superlativa atmosfera natalizia di cui si ammanta la mia città, la cui
luminaria più dorata e accesa resta sempre la Madonnina, che io la mia stella
cometa la vedo, eccome: e nonostante tutto conduce e orienta il mio cuore
sempre qui, sempre a Milano, la mia bellissima, clamorosamente imperfetta e vera
città.