Perimetrato
da un muro grigio un po’ malmesso e bruttarello, il parco di Villa Scheibler è,
al contrario, una ricca, verde sorpresa ritagliata tra le vie in entrata e
uscita dal popoloso quartiere di Quarto Oggiaro, rione milanese ingiustamente
di malfama nel quale, per dire, al netto credo circoli meno cocaina che nel
blasonato covso Como.
Ma
non disperdiamoci già alle prime righe. Il parco in questione è, si intenderà,
dunque parco periferico, di quartiere, cosa che potrebbe indurre a pensare
trattarsi d’un parco nuovo. E invece
nossignori. Il verde che qui vediamo è discendente antico d’una preesistente
area silvestre, distribuita attorno a una villa, datata all’incirca alla seconda
metà del Quattrocento. Tale villa era, ai tempi, tenuta di caccia di Ludovico
il Moro, Dux Mediolani, che, tra l’avvelenamento o la sconfitta alle armi di
qualche suo inviso congiunto, i progetti d’espansione dei suoi domini,
l’acquisto di titoli nobiliari e l’attività di mecenate di alcuni tra i più
grandi artisti del suo tempo, trovava come vediamo anche il tempo per dedicarsi
a qualche giochetto venatorio. E noi che dopo sette ore di lavoro abbiamo solo
la forza di buttarci sul letto a quattro di bastoni! Ma in ogni caso, il fatto
che si trattasse d’un casino di caccia, è illuminante per immaginare come fosse
un tempo, secoli fa, la zona che oggi è divenuta di Milano la più popolosa,
quella massicciamente cementificata della periferia e dell’hinterland: boschiva.
Il
corpus edilizio, che includeva un’area destinata a scuderia e una chiesa, fu poi
rimaneggiato e ampliato nel corso del Settecento, divenendo in seguito
abitazione della famiglia Scheibler, di cui oggi villa e parco recano il nome;
e questa fu l’ultima proprietà privata dell’edificio, lasciato in dono al
comune di Milano.
Grazie
a un poderoso restauro completato qualche anno orsono, la villa si staglia ora allo
sguardo dell’osservatore in tutta la sua ferma bellezza, nel biancore (oggi) delle sue
semplici ma a loro modo magniloquenti simmetrie, già bella nel prospetto
affacciato al parco ma ancora più nobile nell’ingresso opposto, preceduto da
un’ampia corte e visibile dalla strada attraverso un cancello in ferro battuto.
Davvero è incredibile trovare, in quella che è oggi suburbia, un simile,
piccolo gioiello, capace di deliziare il visitatore sensibile a questi doni del
caso, che l’ha conservata e protetta sino ad oggi, e della Storia. E come
vediamo la storia di questa villa è anche parecchio prestigiosa, avvinta alle
fortune del signore che, certo discutibile in vari aspetti della sua condotta,
rese purtuttavia Milano una regina italica del Rinascimento.
Il
parco della villa, anch’esso sottoposto a un bell’intervento di recupero, si
presenta oggi come un ampio giardino, molto semplice e raccolto, con i suoi
vialetti, le panchine verdi, e alberi, alberi, alberi e ancora alberi, che in
estate creano zone di preziosa frescura, e aree attrezzate dedicate a cosi
movimentati come cani e bambini.
Il
viale principale del parco conduce dritto dritto all’ingresso della Villa, in
un punto di fuga perfettamente simmetrico e bilanciato altamente suggestivo. La
simmetria della visuale è rafforzata dalla presenza d’una bella fontana a
quattro vasche, con altrettanti zampilli centrali d’acqua che reiterano un
gioco di gettito ora più intenso ora meno intenso, in perfetta sincronia:
sembra quasi un numero di nuoto sincronizzato.
Attorno
alla fontana, che è, benché decentrata, il vero cuore, pulsante, di questo
parco delizioso, corrono dei sedili, come a creare uno spazio di raccolta e
incontro, il cui schienale è costituito da scritte, sì, scritte in ferro verde,
che ci indicano che quella che abbiamo di fronte, ebbene, è proprio la fontana
di villa Scheibler; quasi delle didascalie brechtiane, a indicare il luogo in
cui si svolge la nostra azione. Veramente bellissime queste sedute, un
riuscitissimo colpaccio di desain. E
alle spalle di queste panchine, per finire in bellezza, dei cespugli di rose
canine di vari colori, bianche, avorio, rosa e rosse. Che romanticheria!
Personalmente
al parco di Villa Scheibler ci ho fatto un sacco di cose carucce. Una colazione
con tutta la mia famigliola. Ci ho giocato a frisbee, ma mica da mocciosa, in
età adulta (bè bè, età adulta, non
vorrei strafare nell’attribuirmi questo status cerebrale). Ho fatto molteplici
passeggiate in beata solitudo, alcune delle quali finalizzate a raggiungere la
biblioteca rionale di Quarto Oggiaro, i cui bibliotecari peraltro amano
perculare i colleghi di Accursio (lo
sapevano questo i bibliotecari di Accursio?). Poi ci ho fatto un pic nic,
davanti alla fontana, con la persona del mi
corazon, rimanendo ambedue estasiati dalle prodezze inconsulte d'un bamboccino cinese armato di spadino e sbilanciato dal suo bellissimo
capoccione. Un vero fenomeno, vestito a festa per il Capodanno cinese, seguito a
vista dalla mamma, giustamente infusa d’orgoglio per aver generato una simile prodigiosa
creatura.
Eppoi
vi ricordo – ebbene sì – momenti di studio (incredibile, cioè, momenti della
mia vita in cui sono stata a studiare, pazzesco!),
e più precisamente ricordo una pausa dallo studio (eheh) con bevuta d’un succhetto alla pesca, proprio come un bambino
delle elementari. Certo questo ricordo può parere insignificante, ma per me non
lo è; era un bel pomeriggio d’agosto, superbamente soleggiato e mosso da aria
buona, e avevo con me la dispensa sul libro antico per Storia della stampa e
dell’editoria. Esame da 30 e lode (li frego bene), per inciso l’ultimo dato,
tempo fa… ma non l’ultimo da dare, e questo perché sono una brava cugghiuna.
E
poi ancora, isolando un altro caro ricordo, fu al parco di Villa Scheibler,
stavolta in un giorno estivo davvero canicolare, che sentii parlare per la
prima volta d’una persona che è oggi parte del prezioserrimo paesaggio umano
intorno a me; citata da una nostra allora comune conoscente, che, come spesso
accade, oggi entrambe non frequentiamo più.
Ora,
al di là delle sue blasonate origini, il parco ha oggi questo di speciale:
essere un parco semplice in fondo, ma assai
curato nei suoi dettagli, luogo ameno in cui potersi rilassare, e prendere una
pausa, ossigenandosi in un’area verde preziosamente alberata. Un bel parco
insomma, ma ciò che è forse più bello è il fatto che si tratti d’un parco di
periferia: un parco che per molti dunque non è da raggiungere, ma che è di
strada, a due passi da casa. Sottocasa
addirittura per qualcuno. Un parco che, da solo, coi suoi viali, le sue
panchine, la sua erba e i suoi alberi, e niente di più, e davvero niente di
più, ci ricorda che non siamo uomini a una dimensione, ma che possiamo
resistere cacchio, perché il tempo libero è la nostra rivincita sul capitale, e
il tempo libero in un parco è la nostra vittoria contro chi vorrebbe
appiattirci nel ruolo monodimensionale di consumatori.
E
se è vero che Quarto Oggiaro non è così invivibile come lo si vuole
giornalisticamente considerare, è però pur vero, e non si può negare, che
costituisce una delle periferie più povere e dunque difficili di Milano (oddio,
ho scritto sul serio periferia difficile?
gesù). Per questo è bello vedere il
parco popolato da bambini e genitori, ragazzini, donne e uomini di variegata
provenienza, intraitalica – difficile trovarci un milanès di quelli veri –, comunitaria o extracomunitaria. Perché se
esiste un lembo di società che può ancora recuperare una coscienza
rivoluzionaria è questo. Gli anti-sistema, oggi, possono essere solo costoro:
quelli che sono, nei fatti, fuori dal sistema, esclusi o lasciati ai margini di
esso. Gli emarginati, gli invisibili, i derelitti, le persone dal passato
complicato, quelle che hanno cambiato suolo sotto ai piedi, e che ora, altrove,
si applicano con fatica a riannodare le redini della loro esistenza e a
ricollocare la propria identità. Ma consapevoli; ed è da costoro che può
avviarsi il moto rivoluzionario: perché come scrive appunto Marcuse ne L’uomo a una dimensione, a sua volta
citando Benjamin: “È solo per merito dei disperati che ci è data una speranza”.
Al
parco di Villa Scheibler, questa speranza, le persone semplici che incontri,
ognuna con la propria, lontana storia ma tutti lì in quel momento, a godere del
verde vicino casa, a respirare lontano dal traffico, a sorridere delle cose
buffe fatte dai bambini e a scaldarsi al sole, questa speranza, le persone che
incontri, se la portano inconsapevolmente addosso, e un po’ te la trasmettono.