Ed
eccoci qui, a inaugurare immantinente la nuova rubrica di cui il bloggo si è
dotato, ovverosia la già acclamata et celeberrima (?) Rubrica del Piccione. Dove ci condurrà in questa prima puntata
il piccione Ambrogio?
È
per me meravigliosamente bello poter incipiare questo nuovo spazio con un
evento assai importante che ha riguardato non solo Milano, senz’altro, ma in
fondo Milano un po’ in particolare; e questo perché la mia città, la mia
splendida e straordinariamente imperfetta città, è, orgogliosamente, la città
di piazzale di Loreto. Non credo occorra spiegare il significato di certi
eventi storici: ogni cuore giusto saprà farlo, e apprezzare, da sé. Apprezzare
e commuoversi: questo significa ricordare il gesto e il coraggio estremo degli antifascisti, partigiani, uomini e donne diventati combattenti per difendere le
libertà contro una sordida dittatura. Ribellarsi, lottare, partecipare,
vincere. Questa è stata l’avventura emozionante dei partigiani e delle compagne
Teresa, donne di ferro che ci sorridono dolcemente in belle foto d’epoca, a
volte armate fino all’osso senza perdere la gentilezza delle loro figure, altre
volte armate solo del loro cuore grande e della loro intelligenza. “Solo”. La bellezza del coraggio. La
bellezza della lotta per sé e per gli altri, per ciò che è giusto, per l'uguaglianza contro l'absurdum delle leggi razziali, nel nome
della solidarietà umana e sociale.
E
Milano è stata una delle protagoniste del grande movimento di Resistenza. La
ricorrenza della Liberazione, 25 aprile, è occorsa pochi giorni fa, in un
anniversario uguale a tutti gli altri, cioè importante come sempre, ma per gli
amanti delle cifre tonde particolarmente simbolico: compie settant’anni questa
nostra rivoluzione, questo movimento di civiltà e uguaglianza, spontaneo,
partecipato, e grandioso.
Per
cui – fine parte seria del post – era
molto più che opportuno prendere parte al corteo ricordo di tutto ciò, affinché
la memoria della Resistenza non diventi esperienza morta, fatto storico confinato
nelle pagine stampate, ma si conservi viva e in fermento nelle nostre teste e
nei nostri cuori. E così è stato.
Dunque…
Concentramento
(classicone) in Palestro per un corteo che aveva come naturale obbiettivo
piazza Duomo. Io e i miei fidati sodali, meravigliosi compagni d’avventura in
numerose situazioni, affrontiamo la calca della metropolitana milanese e
facciamo approdo, in orario, al luogo programmato. Qui
cerchiamo di raggiungere e di ubicarci vicino agli amici della Grecia,
sostenitori di Syriza nella sua lotta di formichina contro il rognoso elefante della troika.
La
folla è parecchia, e ci riserva tutte le sue delizie, pure olfattive:
anche la piazza del resto ha i suoi odori. È meraviglioso questo essere qui,
tutti insieme; poi però se ti concentri sul vicino quel moto d’amore diffuso e
aleggiante si ridimensiona un po’, ma fa parte del gioco, via. Del resto
si dice in questi casi (cito Pinco, la battuta non è mia) che amare il proprio prossimo è
difficile, più facile amare quello un po’ più in là. Soprattutto se
capiti proprio affianco alle bellezze scultoree del bronzo di riace che vende
birra, acqua e bibite agli assetati.
Così
si partecipa la manifestazione, e
la si segue, come al solito, un po’ cazzando un po’ facendo i seri, sinché non
si affacciano le varie esigenze di ognuno: pisciata, pausa, caffè e pure
dolcino, cannolo siciliano nella fattispecie. Combattenti sì, ma anche goderecci, sempre. Per poi proseguire,
riconoscendo i vip della piazza, tutti avvistati dal cognato con la sua vista
di lince: il
primissimo è l’onnipresente boscaiolo Muhlby Muhlbauer, seguito dal
giornalista greco Argiris Panagopoulos. Ma il terzo a sbucare, immancabilmente riconoscibile dalla tuta rossa
targata FIOM, è Landini, vera star del momento. Cacchio, quando le donne vedono
Landini non capiscono più nulla, completamente. Ma stai scherzando? (cit.)
Dopo
qualche metro ecco comparire Ferrero, e quando mi è stato detto ‘Ehi, c’è
Ferrero’ io ho pure pensato al presidente della città di Sampdoria. In effetti,
non se lo filava nessuno porino.
At
last, ecco sbucare Gino Strada, per molti una sorta di Iddio in terra: e
infatti Gino Strada scatena le stesse passioni sfrenate accese da Landini, non
solo sulle donne però, anche su uomini eterosessuali, che cercano di
strappargli foto insieme.
Ora,
al di là di tutte queste amabili strùnzatelle, che hanno reso comunque bella e
intensa la giornata, bisogna proprio dire che è stata una manifestazione
emozionante. Forse davvero ho raschiato tutto il senso commovente della canzone
Bella ciao, ascoltata sfilando per le vie vecchie che si snodano verso piazza
alla Scala, riempiendomene il coeur.
Una canzone al di là di ogni retorica bellissima, da cantare e condividere, da
godere in ogni suo verso struggente, da ‘sentire’, dentro, col pugno alzato,
sempre. Ora e sempre Resistenza, che sembra magari uno slogan (in quanto
appunto slogan) un po’ banale, ma che si porta dentro un sacco di cose, un’idea
e la promessa d’un futuro, fatto da noi, migliore. E cavolo quanto ce ne è
bisogno.
Milano
è stata bella, ancora più bella, perfetta per ospitare nelle sue vie dello
sciopping appaltate ai sarti di cui l’Italia fa vanto, questa sfilata non di moda e soprattutto con ben altre stoffe, drappi colorati così leggeri in aria ma così carichi di
senso, di vicinanza solidale, di incazzatura anche, e di speranza.
Infatti mentre ero al corteo mi veniva in mente, e me la canticchiavo dentro, una bella canzona scritta dal mio babbo, sì, lui, l’impavido primo partecipante al giuocone Voi Milano e ciascuno di voi, che è intitolata La mia bandiera, e che vi invito ad ascoltare cliccando qui… (il babbo l’ha pubblicata sul suo bloggo il 25 aprile medesimo, minghia babbo sei troppo sul pezzo!).
Insomma, questa giornata profondamente milanese è stata una grandiosa celebrazione della Resistenza, di quella già fatta e di quella ancora da fare, di tutte quelle ancora da fare, la resistenza di Atene, di Gaza, di Kobane; oggi Milano ha comunicato al mondo tutto questo, e io sono felice di esserci stata e sono felice d’esser stata e di esser parte, oggi più che mai, di questa città.