giovedì 30 aprile 2015

RdP: Milano 25 aprile 2015, settantesimo in piazza

Ed eccoci qui, a inaugurare immantinente la nuova rubrica di cui il bloggo si è dotato, ovverosia la già acclamata et celeberrima (?) Rubrica del Piccione. Dove ci condurrà in questa prima puntata il piccione Ambrogio?
È per me meravigliosamente bello poter incipiare questo nuovo spazio con un evento assai importante che ha riguardato non solo Milano, senz’altro, ma in fondo Milano un po’ in particolare; e questo perché la mia città, la mia splendida e straordinariamente imperfetta città, è, orgogliosamente, la città di piazzale di Loreto. Non credo occorra spiegare il significato di certi eventi storici: ogni cuore giusto saprà farlo, e apprezzare, da sé. Apprezzare e commuoversi: questo significa ricordare il gesto e il coraggio estremo degli antifascisti, partigiani, uomini e donne diventati combattenti per difendere le libertà contro una sordida dittatura. Ribellarsi, lottare, partecipare, vincere. Questa è stata l’avventura emozionante dei partigiani e delle compagne Teresa, donne di ferro che ci sorridono dolcemente in belle foto d’epoca, a volte armate fino all’osso senza perdere la gentilezza delle loro figure, altre volte armate solo del loro cuore grande e della loro intelligenza. “Solo”. La bellezza del coraggio. La bellezza della lotta per sé e per gli altri, per ciò che è giusto, per l'uguaglianza contro l'absurdum delle leggi razziali, nel nome della solidarietà umana e sociale.
E Milano è stata una delle protagoniste del grande movimento di Resistenza. La ricorrenza della Liberazione, 25 aprile, è occorsa pochi giorni fa, in un anniversario uguale a tutti gli altri, cioè importante come sempre, ma per gli amanti delle cifre tonde particolarmente simbolico: compie settant’anni questa nostra rivoluzione, questo movimento di civiltà e uguaglianza, spontaneo, partecipato, e grandioso.

Per cui – fine parte seria del post – era molto più che opportuno prendere parte al corteo ricordo di tutto ciò, affinché la memoria della Resistenza non diventi esperienza morta, fatto storico confinato nelle pagine stampate, ma si conservi viva e in fermento nelle nostre teste e nei nostri cuori.  E così è stato.

Dunque…
Concentramento (classicone) in Palestro per un corteo che aveva come naturale obbiettivo piazza Duomo. Io e i miei fidati sodali, meravigliosi compagni d’avventura in numerose situazioni, affrontiamo la calca della metropolitana milanese e facciamo approdo, in orario, al luogo programmato. Qui cerchiamo di raggiungere e di ubicarci vicino agli amici della Grecia, sostenitori di Syriza nella sua lotta di formichina contro il rognoso elefante della troika.


La folla è parecchia, e ci riserva tutte le sue delizie, pure olfattive: anche la piazza del resto ha i suoi odori. È meraviglioso questo essere qui, tutti insieme; poi però se ti concentri sul vicino quel moto d’amore diffuso e aleggiante si ridimensiona un po’, ma fa parte del gioco, via. Del resto si dice in questi casi (cito Pinco, la battuta non è mia) che amare il proprio prossimo è difficile, più facile amare quello un po’ più in là. Soprattutto se capiti proprio affianco alle bellezze scultoree del bronzo di riace che vende birra, acqua e bibite agli assetati.

La foto non rende giustizia, e comunque io ancora non ho capito quale lingua (dialetto?) parlasse

Così si partecipa la manifestazione, e la si segue, come al solito, un po’ cazzando un po’ facendo i seri, sinché non si affacciano le varie esigenze di ognuno: pisciata, pausa, caffè e pure dolcino, cannolo siciliano nella fattispecie. Combattenti sì, ma anche goderecci, sempre. Per poi proseguire, riconoscendo i vip della piazza, tutti avvistati dal cognato con la sua vista di lince: il primissimo è l’onnipresente boscaiolo Muhlby Muhlbauer, seguito dal giornalista greco Argiris Panagopoulos. Ma il terzo a sbucare, immancabilmente riconoscibile dalla tuta rossa targata FIOM, è Landini, vera star del momento. Cacchio, quando le donne vedono Landini non capiscono più nulla, completamente. Ma stai scherzando? (cit.)
 
Selfie di signore con il Saldatore Landini

Dopo qualche metro ecco comparire Ferrero, e quando mi è stato detto ‘Ehi, c’è Ferrero’ io ho pure pensato al presidente della città di Sampdoria. In effetti, non se lo filava nessuno porino.
At last, ecco sbucare Gino Strada, per molti una sorta di Iddio in terra: e infatti Gino Strada scatena le stesse passioni sfrenate accese da Landini, non solo sulle donne però, anche su uomini eterosessuali, che cercano di strappargli foto insieme.

Ora, al di là di tutte queste amabili strùnzatelle, che hanno reso comunque bella e intensa la giornata, bisogna proprio dire che è stata una manifestazione emozionante. Forse davvero ho raschiato tutto il senso commovente della canzone Bella ciao, ascoltata sfilando per le vie vecchie che si snodano verso piazza alla Scala, riempiendomene il coeur. Una canzone al di là di ogni retorica bellissima, da cantare e condividere, da godere in ogni suo verso struggente, da ‘sentire’, dentro, col pugno alzato, sempre. Ora e sempre Resistenza, che sembra magari uno slogan (in quanto appunto slogan) un po’ banale, ma che si porta dentro un sacco di cose, un’idea e la promessa d’un futuro, fatto da noi, migliore. E cavolo quanto ce ne è bisogno.    

Milano è stata bella, ancora più bella, perfetta per ospitare nelle sue vie dello sciopping appaltate ai sarti di cui l’Italia fa vanto, questa sfilata non di moda e soprattutto con ben altre stoffe, drappi colorati così leggeri in aria ma così carichi di senso, di vicinanza solidale, di incazzatura anche, e di speranza. 


Infatti mentre ero al corteo mi veniva in mente, e me la canticchiavo dentro, una bella canzona scritta dal mio babbo, sì, lui, l’impavido primo partecipante al giuocone Voi Milano e ciascuno di voi, che è intitolata La mia bandiera, e che vi invito ad ascoltare cliccando qui… (il babbo l’ha pubblicata sul suo bloggo il 25 aprile medesimo, minghia babbo sei troppo sul pezzo!).
Insomma, questa giornata profondamente milanese è stata una grandiosa celebrazione della Resistenza, di quella già fatta e di quella ancora da fare, di tutte quelle ancora da fare, la resistenza di Atene, di Gaza, di Kobane; oggi Milano ha comunicato al mondo tutto questo, e io sono felice di esserci stata e sono felice d’esser stata e di esser parte, oggi più che mai, di questa città.



domenica 26 aprile 2015

RdP - La Rubrica del Piccione


Let me introduce you il piccione Ambrogio

Cari amici del bloggo, o voi che con la vostra moltitudinaria presenza su queste frequenze mandate sovente in sovraccarico il server, quest’oggi incignamo una nuova rubrichetta che verrà ora in avanti ospitata su queste pagine virtuali: come avrete potuto scoprire leggendo il titolo del post, la rubrichetta avrà per nome La Rubrica del Piccione, e questo perché ne sarà protagonista proprio un piccione, simbolo milanese par excellence.
Se è vero che i piccioni non danno proprio quell’idea di essere intelligentissimi e molto svegli, è però pur vero che con quei loro occhietti persi vedono tutto, o meglio registrano tutto – qualsiasi cosa vogliano o possano poi fare con quelle informazioni. Oddio, magari non proprio tutto tutto, spesso addentrandosi audacemente in bar e luoghi chiusi (e in effetti bisognerà constatare come, mosso dai suoi istinti, il pegione sia animale molto coraggioso) essi danno prova di non distinguere resti di cibo e briciole di brioche, di cui son ghiotti, da micro-immondizia varia, avventandosi famelicamente e indiscriminatamente un po’ su tutto quanto capiti loro a tiro; però è pur vero che assai civilmente i piccioni di Milano hanno imparato ad attraversare la strada, con grande eleganza e urbanità, sulle strisce pedonali. E ad essere onesti debbo constatare come anche la mia macchina oramai la conoscano bene, centrandola bisogna dirlo con una certa maestria.

Per questo i piccioni, detestati da tutti ma proprio per questo assolutamente amabili, sono animali molto simpatici, veri abitanti di questa città, che conoscono perfettamente, addentrandosi tra le scanalature a noi invisibili delle sculture a cielo aperto e conquistando le più recondite insenature degli elaborati cornicioni dei bei palazzi mediolani.

Da oggi pertanto il bloggo avrà un proprio ambasciatore (termine che l’Expo ha riportato assai in auge a queste latitudini), un piccione, milanese naturalmente, che chiameremo Ambrogio, che in mezzo ai post dedicati ai luoghi di Milano tanto cari alla vostra bugnato e in parallelo allo svolgersi del giocone Voi, Milano e ciascuno di noi (per cui vi ricordo si accettano sempre candidature), farà capolino per raccontarci qualcosa di ciò che succede in questa città. Ovviamente, nello stile e nell’ispirazione del bloggo: anche la Rubrica del Piccione si occuperà di quegli sprazzi di verità mediolana, quegli attimi, fugaci o prolungati, in cui Milano è vera, perché, come scrissi nel post d’apertura, sono questi a interessarci. Sono questi da menar in primo piano, nello sguardo sulla nostra città. La Rubrica del Piccione farà dunque il punto su ogni momento di bellezza e piacevolezza offerto in maniera imprevista e generosa dalla realtà meneghina, sorvolata a volo d’uccello (e a scacazzo di piccione).   

lunedì 13 aprile 2015

Voi, Milano e ciascuno di voi/Partecipante n° 2: l’Amica Mia

Chiedere alla mia Amica di partecipare a questo giuoco costituiva una bella sfida. Una bella sfida perché costei, persona del mio quoricino, al contrario di me non è proprio un’estimatrice della città di Milano. Per questo chiederle di ragionare in positivo su questa città, la nostra città, rappresentava una sfida; a cui però la ragazza non si è sottratta, con una cospicua dose di intelligenza e coraggio, che difatti non le mancano.

La mia amica ha un nome bellissimo. Un nome di quelli che sono però difficili da portare, perché indicano uno stato d’animo, e non sempre uno quello stato d’animo se lo sente addosso. Lei però è oltre tutto questo. È più piccola di me, ma è una grande donna. Non so quante volte, parola dopo parola, è riuscita a districare i nodi delle mie cogitazioni indecise e francamente un po’ contortelle. Il tutto, immancabilmente, davanti a un caffè; per lei amaro, ma accompagnato sempre da qualcosa di dolce (al bar sì, ma il dolce portato da casa, perché comunque siamo due barbone): un biscotto, un pezzo di cioccolato, una fetta di torta, cose buone per celebrare i piccoli grandi piaceri dell’esistenza. Perché – come lei dice sempre – “cara, ogni tanto bisogna godere!”.
Così, anche l’Amica Mia, nonostante il suo rapporto conflittuale con Milano, ha preso parte al giuoco. Impegnandosi. Lasciando andare il filo dei ricordi, che non è mai un’operazione facile. E da questa bella spremitura di cuore sono uscite un sacco di cose dolci. Commoventi.

Che andiamo subito a scoprire, a cominciare dal luogo preferito… Lettori, preparate i fazzoletti.

 1.
Il luogo preferito

Notasi grafia splendidamente bohémien dell’Amica Mia

Il mio luogo preferito è via Mac Mahon, dove passava il 12, da via Caracciolo a piazza Diocleziano. Quando ero piccola ci andavo sempre con mia mamma e mia sorella per andare a fare la spesa, passeggiare e parlare tra di noi. Ci andavo e ci vado, ancora, con il mio amico del cuore, mi ricorda qualcosa che ho vissuto e che vivo ancora. Mi piacciono le sue luci in inverno, dopo le cinque del pomeriggio, l’atmosfera del quartiere, il vociare delle persone. Con mia mamma andavamo in una cartoleria che c’è da tantissimo, per comprare quaderni, evidenziatori, tratto pen e biglietti d’auguri. Mi piace l’odore del Turkuaz Kebab all’angolo e, di fronte, la scaletta accogliente dell’Hotel Mac Mahon. Penso a questa strada e mi viene in mente il sorriso di mia mamma. 

2.
Il luogo del coeur
Al parco di Trenno andavo sempre a giocare fin da bambina, con un mio caro amico, a passeggiare, a guardare le partite di calcio improvvisate tra egiziani e marocchini, le grigliate dei sudamericani e i rinfreschi e le bevute degli zingari. Mi ricordo le noccioline caramellate di un baracchino e il chiosco del gelato, con il gelataio che aveva una voce bassissima! E poi era bello vedere in lontananza il Bosco in città.

3.
Il pezzo da novanta
Per me è la scultura di piazza Santa Maria del Carmine, Il grande toscano di Igor Mitoraj, un mezzo busto maschile (eheheh, ndr). Mi piace la posizione in cui è collocata, e quando passo lì davanti con il tram, con la linea 14, non posso fare a meno di guardarla. Mi piace perché la città non sembra Milano con quella scultura, che ricorda qualcosa di antico, di greco… Sembra quasi di essere in un quadro di De Chirico. In più è un bellissimo corpo maschile, un corpo con dentro un corpo: ha un volto posizionato sul cuore e un corpo di donna che invece esce dalle costole. C’è sempre vicina una bancarella che vende vecchie cartoline e carte geografiche. Peccato per il negozio Marc Jacobs, assolutamente squallido metterlo di lì di fianco!

4.
Il luogo più sbalorditivo
Il luogo più sbalorditivo di Milano per me è il mercatino dell’usato sui Navigli, perché si respira un’atmosfera diversa, quasi parigina: gli odori dei ristoranti, la puzza del naviglio, l’odore dei colori utilizzati dai pittori delle piccole gallerie che si attraversano. E poi l’odore delle cose usate, di cantina. Mi stupisce perché è un luogo che, nonostante l’affollamento, ti permette di stare solo con te stesso, di guardare gli oggetti, la gente che tratta sul prezzo, come se fosse lo spettacolo, lo svolgimento di qualcosa, e tu lo spettatore.

5.
L’itinerario che suggerisci
Via Castellino da Castello, perché lì c’è la mia vecchia scuola elementare, la Rinnovata Pizzigoni. È un’emozione vedere dalla strada il campetto dove giocavo da bambina, gli orti, gli animali, e il  busto della grande Giuseppina Pizzigoni, guardando attraverso la porta vetrata dell’atrio. Qui si possono sentire l’odore della cacca degli asini (sembra di stare in campagna!), e il rumore della ferrovia della vicina stazione Bovisa. Ho scelto questo ‘itinerario’ perché mi ricorda quando ero bambina, e mia mamma mi portava a scuola, e scambiavo le biglie con i miei compagni (oddio, sembra che sia nata nel 1940!). E poi mi viene in mente la mia maestra, Raffaella, che voleva che gli alunni della sua classe indossassero il grembiule rosso, colore non scelto a caso. Penso a lei e mi vien sempre da commuovermi! Questa strada mi riporta insomma a sensazioni di spensieratezza, a quell’essere bambini nel vero modo di essere bambini, in un posto caldo e con le maestre buone, che ti insegnano a essere te stessa, come dovrebbe essere per tutti i bambini.

***

Insomma, ora avete avuto anche voi un assaggio di chi sia la mia amica. Gli zingari, l’odore delle cose buone, la bellezza, gli affetti. Gli affetti perché, come mi ha detto in uno dei bei pomeriggi (ehh sì, più d’uno, siam splendidamente lente!) in cui ci siamo dedicate a questo giuocone: “Bisogna avere un albero da abbracciare, che sai che ha le radici e non si sposta”…
Le risposte a queste cinque domande raccontano la mia amica in ogni sfaccettura, e sono felice che tutto ciò sia emerso parlando di Milano, città che so che non ama, ma nella quale ha trovato questi spazi di verità. Una città che le è amara, ma che ha anche qualcosa di dolce, e lei lo ha saputo trovare. Per questo penso che il nome della mia amica, ex bambina dal grembiulino rosso, sia quello giusto, l’unico che lei potrebbe portare: perché è solo vivendo con intensità, con vivida consapevolezza delle amarezze ma con la capacità, brillante e non da tutti, di potervi scovare qualcosa di buono, di dolce… che si può costruire dentro di sé l’aspirazione solida (ed è questo il traguardo vero) a una vita buona. A una vita serena…

Cara, grazie infinite per le chiacchiere, le dolcezze avvolte nella carta stagnola, e, ora, per tutte queste emozioni!

Dopo il mio babbo artista e l’Amica Mia, cari amici wannabe partecipanti al giuocone, essì, tocca proprio a voi! Aspettiamo dunque  le vostre risposte per scoprire nuove, segrete storie d’amore tra la città di Milano e i suoi abitanti!