venerdì 21 marzo 2014

Capitolo parchi: quello del Sempione


Care amiche e cari amici del bloggo (parlo da sola), sarà pure il caso mi dico di affrontare la vexata quaestio relativa al verde cittadino. Indi per cui, allo scopo di sfatare il diffuso e mentitore cliché d’una grigia Milano, direi di principiare soffermandosi su uno dei tanti bei parchi che questa nostra ridente cittadina (oddio, sto esagerando?) offre. E questo è un bel parco sì.
È il Parco Sempione verdemarrone.
Già immortalato dall’eponima canzone e relativo video di Elio e le Storie Tese, il Parco Sempione (un amico apprese a spese sue e delle sue scarpe perché marrone, oltreché verde) fu progettato nel lontano 1891 dall’architetto Luigi Alemagna, cui è stata intitolata la via dove sorge il vicinissimo Palazzo dell’Arte cioè la Triennale, che lo acconciò a parco romantico all’inglese, con montagnole, avvallamenti, percorsi d’acqua, zone ombreggiate, sentieri sinuosi. E così il parco è rimasto, arricchito da numerose specie vegetali che creano in successione una meravigliosa passeggiata, aperta e ossigenante, in pieno centro, a Milano. Specie vegetali, si diceva, e anche specie animali: augelli vari, piccioni, germani reali, anatre e pure ratti a quanto pare. È una bella rassegna faunistica insomma, e ogni tanto passa pure la polizia.
Il Parco Sempione è infatti l’ideale per lente e rilassanti passeggiate primaverili, con magari sosta caffè allo storico baracchino di via Gadio, per chiacchierare sulle sue panchine e ascoltare musica, o per prendere nota, come fo io, dei moti della propria vita mentale, augurandovi una vita mentale che non assomigli alla mia. Ma è bello, al Parco Sempione, anche scambiarsi dolci coccole (niente di più eh, ché poi diventa illegale) al aire libre, sull’erba, ma questo solo se non avete paura dei ratti e nemmanco della polizia.
Jason, un ragazzo cinese in Italia per motivi di lavoro, al quale dopo un incontro casuale mi sono improvvisata guida per la città in una bella giornata d’agosto, dopo avervi scattato qualche foto ha esclamato con meraviglia: “It seems like Central Park!”. Non so caro Jason se il Parco Sempione verdemarrone sia davvero simile – benché certo in miniatura – al parco newyorkese, un paragone che purtuttavia inorgoglisce il mio quoricino di mediolanense. Va detto però che Jason, che abita a Shenzhen, cittadina modernissima della provincia di Guangdong, è rimasto davvero sorpreso dalla quantità di verde della nostra città. Ecco diamine, anche i milanesi dovrebbero sorprendersi e commuoversi per la bellezza di questo e altri luoghi in Milano, offerte gratuite di visioni da miracolo, tra specchi d’acqua riflettenti, tronchi protesi sull’acqua, alberi maestosi.
Un giorno di parecchio tempo fa, una di quelle persone che il magmatico flusso della vita fa scomparire (non nel senso che è schiattata, o almeno credo ecco, parlo di rapporti che finiscono), disse, guardando delle foto che avevo scattato al Parco Sempione, che non sembrava neppure Milano, quella in fotografia, perché era troppo bella. Diceva che le mie fotografie sapevano migliorare le cose. Ma ovviamente si sbagliava, sia su di me, che, non sono certo così talentata con la macchina fotografica, che naturalmente su Milano. Milano è bellissima porca miseria, anche e soprattutto vista dal Parco Sempione. Triennale, Torre Branca, l’Ago e il filo di Cadorna, l’Acquario Civico, il Castello, e, in lontananza, in una visuale da cartolina (vedere per credere) l’Arco della Pace; è semplice, quando sei al Parco Sempione hai davvero a un tiro di mano tutto ciò che ti serve.

Il dettaglio da non perdere
(Rubrichetta del a chi vuoi che gliene impipi)
Assolutamente da vedere (ma non da toccare, fate i bravi) il quartetto di poppute et licenziose sirenette, in milanès dette “sorelle ghisini”, poiché fabbricate in ghisa, disposte a coppie sul ponticello che da esse trae il suo nome. Curiosità: l’architetto che le realizzò, nel lontano 1842, faceva di cognome, ironia della suerte, Tettamanti. Curiosità ulteriore (ma questa è davvero per nerd del turismo meneghino): una quinta sorella sta al Museo Morando, anch’ella baldanzosamente a petto ignudo.