domenica 9 febbraio 2014

Acquario e Civica Stazione Idrobiologica de Milan


Alla seconda tappa di questo tour immaginario per la città di Milano si sosta all’Acquario Civico. Che è un gioiello semisconosciuto della città meneghina.
Si trova in zona Lanza, nei pressi del Teatro Strehler e a ridosso del Parco Sempione. Prima ancora delle vasche, un po’ d’attenzione la merita l’edificio stesso. Questo bel palazzotto fu realizzato nel 1906, in occasione dell’Esposizione Internazionale di quell’anno, ospitata dalla città di Milano. E fu, per fortuna, l’unico fabbricato a non essere demolito a seguito della manifestazione.
Innanzitutto ci saremmo persi un vero e proprio saggio di liberty internazionale, con tutti gli avvolgenti stilemi del repertorio: la vetrata che sovrasta la fontana all’ingresso, il fregio a nastro di maioliche verde acqua, realizzate dalle manifatture Richard Ginori, bassorilievi e aggetti in pietra raffiguranti alghe, conchiglie, scorfani, piovre; una grammatica art nouveau declinata con impegno al tema dell’elemento acquatico.
All’ingresso, a dirigere i destini delle creature marine, nientepopò di meno che Nettuno, ignudo, presa salda al tridente e aria severa, diciamo pure incazzosa. Al di sotto della statua, la fontana, in cui l’acqua sgorga dalla bocca d’una protome d’ippopotamo: davvero caruccia la fontanella, coi suoi pescetti rossi che sembran guizzati fuori da un quadro di Matisse, e quel suo bel muschio verde cresciuto aggrappato alla pietra.

La struttura interna dell’Acquario è quella d’un anello: una passeggiata circolare tra vasche di pesci e animali acquatici. C’è un polpo, la donzella pavonina (è un pesce transgender), una razza di sicuro e un sacco di stelle marine rosse, anche se alcune hanno una zampetta amputata. Se si è molto fortunati, in alcuni oblò circolari, in un’acqua illuminata da una luce blu, si possono ammirare le meduse: bianche, trasparenti, immote, appena cullate nelle loro parti molli dall’acqua. Sono gli organismi viventi che più trasmettono un’idea di eternità. Hanno un fascino tutto particolare, inesplicabile come l’infinito che a dispetto del loro sembiante evanescente sembrano in grado di incarnare.
La più gettonata è la vasca dei pesci tropicali: è quella più colorata e illuminata, e ospita pesciolini di tutte le tinte che fan molta presa sui bambini. Però merita assai, quindi se la trovate impestata di marmocchi eccitati attendete – pazientemente e senza ringhiare (come invece farebbe una amica mia quando vede grappoli di mocciosi) – che costoro abbian sciamato per godervi pure voi lo spettacolo, anche se siete un po’ più grandicelli. In effetti, va detto, l’utenza dell’Acquario Civico meneghino è proprio composta prevalentemente da famigliole con rampolli al di sotto del metro emettenti strida e versi di intensità inversamente proporzionale alla loro nanaggine (io comunque confesso non li supero poi molto in altezza eh).
Davvero bello poi il tunnel di vetro: non sarà quello dell’Aquarium de Barcelona, d’accordo, però è una vera chicca. Da vedere la razza, con il suo muso schiacciato, osservabile da un’angolazione irripetibile e vantaggiosa.
Terminata la visita alle vasche, è proprio il caso di fare una mezza sortita pure fuori, nello spazio aperto retrostante l’Acquario, tra i piccoli bacini artificiali dove, in caso di bel tempo, si potranno ammirare colonie di tartarughe d’acqua, perfettamente immobili, intente a godersi il solleone. Ma se è estate e volete cocervi, potete rientrare nell’edificio, percorrere le scale interne e fare un salto nell’ampia sala all’ultimo piano, adoperata, come l’atrio di ingresso, per le mostre: assolutamente da vedere il tetto a travi di ferro, ma sappiate che ci si crepa di caldo. Se ci fosse qualche grado in meno e un bar con tanti tavolini entrerebbe nella top five dei luoghi migliori di Milano per trascorrerci il pomeriggio.

All’Acquario Civico di Milano son stata un bel po’ di volte. Ci si torna sempre volentieri, col pretesto d’una mostra (ne vengono organizzate rigorosamente a tema dell’acqua: molto bella e suggestiva quella della fotografa americana Mikelle L. Standbridge) o di portarci qualcuno che non l’ha mai visto, o c’è andato da piccino, come ho fatto io con le persone della mia coorte. E posso dire infatti di averci vissuto dei bei momenti, guardando sì nelle vasche le creaturine acquatiche, ma spiando nel riflesso del vetro e dell’acqua la reazione delle persone che eran con me, e sorridendomela dentro ai loro sorrisi e al loro entusiasmo. È un tuffo insomma, benché non letterale, a meno che non vogliate farvi arrestare, in un altro mondo, con altre luci, altri suoni, altri ritmi, altre forme di vita. Ogni tanto fa davvero bene immergersi.

Suggerimento per la visita
(Rubrichetta del a chi vuoi che gliene impipi)
Contrariamente a quanto asserirei in altri casi, per quel che riguarda l’Acquario alla fine io consiglierei pure d’andarci quando ci si posson trovare le famigliole con gli infanti, poiché questi ultimi animano il contesto e ci ricordano che si può e anzi si deve ululare d’esagitazione ed entusiasmo per tutte le cose che sono piccole e speciali, come ad esempio gli animaletti marini.



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